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ISOLA DI ALICUDI
IL ROSSO E IL NERO DELLE SUE ROCCE.
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Il cono di roccia emerge da acque d'intenso azzurro: è alto appena 675
metri, ma sprofonda nel mare per oltre mille. Era un vulcano, Alicudi: ha
una superficie di poco superiore ai 5 chilometri quadrati, e dista circa 30
miglia dal centro dell'arcipelago. E' per questo che, concluso il ciclo vulcanico
della creazione e dell'assestamento, Alicudi è diventata il regno del silenzio.
Ancor oggi circa metà dell'isola è del tutto disabitata. E' la parte occidentale
incisa da profondi valloni, impressionanti precipizi, coste scoscese con
stratificazioni di rocce nere e rossastre. Meno accidentato e più dolce è invece
il lato orientale, con dossi e ripiani terrazzati dall'uomo, sui quali sono
disseminate le bianche casette degli isolani. Sovrasta le case, in posizione
panoramica, la chiesa di San Bartolomeo. Oltre al verde delle coltivazioni, sono
i colori delle rocce il segno distintivo di Alicudi, assieme al viola rosato
dell'erica tanto che i Greci la chiamarono infatti Erykodes-Ericossa, cioè
fiorita d'erica. Nonostante la natura ostile, già i coloni greci vi giunsero
intorno all'VIII secolo avanti Cristo. Ma nella zona dell'attuale approdo dell'isola,
e sino alla contrada Fucile, si estendeva un piccolo agglomerato molto più antico,
che gli studiosi datano tra il XVII e il XVI secolo avanti Cristo. Nel 1924
alcuni scavi hanno portato alla luce corredi di lucerne e vasi fittili, oltre
a sarcofagi del IV secolo avanti Cristo; e in tempi più recenti, sempre in
contrada Fucile e in località Pantalucciu, sono state rinvenute tracce di villaggi
preistorici, risalenti alla prima età del Bronzo.-
Povera e lontana, Alicudi si salvò dalle guerre tra Cartaginesi e Romani. L'unico
pericolo che Alicudi ebbe a subire fu quello della pirateria saracena. Il ricordo
di quelle feroci incursioni è ancor oggi nei toponimi di alcune località, come
ad esempio il Timpuni d'ì Fimmini, rocce raccolte in una sorte di fortezza
inaccessibile dove le donne si rifugiavano all'avvicinarsi dei pirati. Barbari che,
in qualche caso, non disdegnarono di rifugiarsi essi stessi sull'isola, forse
per sottrarsi a qualche vendetta o perchè stanchi delle dure lotte sui mari.
Anche di questo vi è traccia nella nascita di nuovi toponimi come il nome stesso
dell'isola che diventa Ali-kur, Alicuri, fortezza di Alì.
Bella e selvaggia, rimasta incontaminata dal turismo di massa, Alicudi è un isola
per buoni camminatori, se non per arrampicatori. I suoi sentieri, spesso a gradini,
impongono fatiche non indifferenti, ripagate però da meravigliosi panorami.
Di terrazza in terrazza, tra fichi d'India, cespugli di capperi, piante di carrubo,
si sale fino a incontrare gli orridi precipizi di Serra della Farcona, per arrivare
infine alla cima, il Timpone della Montagnola detto anche Filo dell'Arpa.
Raramente un'isola tanto piccola offre scenari così diversi. Circumnavigando
Alicudi con la barca, infatti, si scoprono deliziose spiaggette circondate da rocce
imponenti e inacessibili, monumentali archi naturali detti "perciati", profonde
grotte scavate dalla natura.-
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